Anna Maria Farabbi


Lei è quasi magica. In sordina si alza, prende un libro, apre, legge. Mi ha folgorato, e da allora la seguo in silenzio, ma chiedendole storie e frammenti di lei. Si chiama Anna Maria Farabbi, è poetessa dell’eros e della donna.
Questa intervista è parte della sua storia.



Raccontami una tua giornata.

La giornata di oggi, per esempio. Per non andare a caccia di ore, discriminando significati del tempo senza un criterio pro fondo.


Napoli 4 gennaio 2004. Appunti.

Aperta la persiana. Dal quinto piano di un palazzo antico: il traffico, in fondo il mare, ma a destra una città anamorfotica che si alza si muove aderisce all’orografia della terra mantenendone il calore fino all’ustione, vivendo lo strappo lavico improvviso del piperno e del tufo, il coagulo sanguigno e la fluidità delirante - penso alla maschera (di Pulcinella), al volto velato (di Sammartino), alla fisiognomica facciale (di Eduardo). Metropolitana. Fiume di gente di quale paese da dove verso dove, qualcuno scende con me a Margellina.

Il mare. Passeggiata nella luce di via Caracciolo. Fino a Castel dell’Ovo. Dentro il chiarore del tufo. L’altezza dalla terrazza. Giù. La schiuma. Qui non ci si specchia. Non si ha diritto di rientrare nel proprio volto. L’azzurro è in corpo con il tufo, con tutto il vulcano, con la lava sotterranea, con il tempo romano greco sotterraneo, le ossa e i fossili animati, mentre, dopo un risotto di pesce, riprendo la macchina e torno a casa.

E Perugia è lontana. E il traffico, come è giusto che sia, compone lentezza e code. Rientriamo tutti, sembra, ma da dove? In quale casa?

Quando scrivi? C’è un momento particolare, un dettaglio, un rituale?

Il segreto profondo nel corpo profondo dentro cui nessuna intervista può penetrare. La mandorla. Ma poi a che serve capire vedere afferrare l’intimità di un atto? È poi possibile afferrare, possedere, chi e cosa? Perché svelare il volto? Perché srotolare con un gesto affrettato un gomitolo intero di filo antichissimo, fragilissimo, arcaico?

Mi bussarono alla porta. Aprì. Ho un tappeto sanguigno sulla soglia. E la creatura invece di salutarmi contemplò il tappeto a testa bassa. S’inginocchiò. S’incantò. Cominciò a strapparlo per possederlo e intanto furente, sempre più delirante, mi chiedeva come avevo fatto, quando, come, dove avevo trovato i fili, e quanto mi era costato tutto quel lavoro. Io risposi che non erano fili, ma le mie interiora.

Gli amanti hanno bisogno di baciarsi non di strapparsi le labbra per capire che cos’è una bocca, una bacio, un’intima comunione.

Ecco, mi scuso nel ritirarmi: per questo non rispondo.

Maschio o femmina: chi soffre meno a scrivere?

A scrivere a vivere, soffre di meno chi si offre di meno. Maschio e femmina.

Quanto incide il vissuto nella scrittura? E il presente?

La mia scrittura nasce dal mio sangue. Passato e presente. Qualunque inchiostro è un’inezia in confronto alla potenza del sangue. Anche da un punto di vista chimico.

Cosa fai nella vita di tutti i giorni?

Vivo l’esperienza, studio interiore e pratica, dell’andare in equilibrio.